Premessa
Questo lavoro si inserisce nell’ambito delle iniziative di comunicazione e sensibilizzazione del Programma Operativo Nazionale “Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno d’Italia 2000-2006” (PON Sicurezza), realizzato dal Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza, con il cofinanziamento dell’Unione Europea. Esso costituisce il risultato delle sinergie operative di diverse professionalità che hanno contribuito al raggiungimento di obiettivi decisamente significativi sul piano scientifico e che dispongono di elevato valore euristico per futuri possibili interventi sul piano sociale.
Introduzione
I temi della legalità e del rapporto che il cittadino ha con le istituzioni imputate a promuovere sicurezza e ordine sociale sollecitano un’attenzione alle esperienze personali che un individuo ha con temi più generali quali quelli riguardanti i comportamenti aggressivi, l’antisocialità e il disadattamento civico o sociale. Questi temi pongono l’individuo e le sue esperienze al centro di un complesso sistema di dinamiche personali, interpersonali e culturali. In questa concezione generale, uno dei processi critici cui rivolgere l’attenzione è relativo ai modi e ai tempi con i quali l’individuo elabora e riflette sulle vicende personali, interpersonali e culturali che caratterizzano la sua vita.
In questo quadro di riferimento, legalità e rapporto con le istituzioni non sono esclusivamente termini cui rimandare un insieme di regole e codici di comportamento o, tanto meno, lo stato di benessere civico di una società o la caratterizzazione positiva di azioni individuali e sociali. Piuttosto, essi devono essere compresi all’interno di un sistema di rappresentazioni che l’individuo costruisce e consolida nel tempo e nel quale si possono ritrovare e comprendere il contesto sociale e culturale in cui questi è collocato e le esperienze significative che hanno caratterizzato le sue vicende personali e interpersonali.
Se si accettano queste premesse, la comprensione del senso di legalità di un individuo e del suo rapporto con i rappresentanti delle istituzioni imputate all’ordine e alla sicurezza deve necessariamente far riferimento alle sue vicende significative e a come queste siano state interpretate, elaborate e affrontate. Nel tempo, questi significati personali e comportamenti possono dinamicamente trovare un riscontro e consolidare, oppure mettere in discussione e modificare, il sistema di norme e di credenze culturali che l’individuo adotta o persegue.
Su queste considerazioni si attesta anche una particolare concezione dell’individuo e del suo funzionamento psicologico. Questa concezione assegna particolare importanza alla possibilità di comprendere il funzionamento psicologico e le sue manifestazioni in termini di caratteristiche relativamente stabili. Queste caratteristiche non possono prescindere dall’organizzazione personale che, in termini di rappresentazioni, significati emotivi e schemi di comportamento, un individuo acquisisce attraverso le esperienze sociali e interpersonali che incontra e in cui è significativamente, direttamente o indirettamente, coinvolto. In questo quadro di riferimento, lo studio psicologico delle rappresentazioni della legalità nei giovani e del loro rapporto con le Forze dell’Ordine può legittimamente rivolgersi, per progressivamente arricchirsi, a un’analisi che a partire da un’attenzione ai sistemi di norme e di credenze che i giovani adottano si rivolga ad una articolazione degli effetti che queste norme e credenze hanno nelle interpretazioni ed elaborazioni di particolari situazioni sociali e interpersonali che possano evocare e chiamare in causa il rapporto che i giovani hanno con la legalità e le Forze dell’Ordine.
In questo senso, la nostra ricerca rappresenta un primo passo in un complesso percorso di indagine. La scelta è stata quella di rivolgere la nostra attenzione all’identificazione di criteri, considerazioni e valutazioni che potrebbero regolare l’intenzione dei giovani a denunciare alle Forze dell’Ordine, o piuttosto a condividere con altri, vicende criminose cui hanno (ipoteticamente) assistito. In questo senso, l’indagine sceglie di tralasciare, almeno per ora, la possibilità di esaminare le intenzioni e i comportamenti personali dei giovani sulla legalità, le sue violazioni ed il rapporto con le Forze dell’Ordine. Malgrado questo, tuttavia, riteniamo fondamentale ribadire la scelta di esaminare le rappresentazioni della legalità e del rapporto con le Forze dell’Ordine in linea con la riconosciuta validità che la psicologia assegna all’analisi delle particolari e specifiche esperienze sociali che l’individuo incontra e dei risvolti elaborativi e psicologici che queste esperienze evocano nell’individuo.
Inquadramento della ricerca
Questa ricerca si situa in un contesto di studio e tradizione scientifica della psicologia in cui l’individuo e il suo funzionamento psicologico vengono concepiti come un complesso sistema di elementi cognitivi ed affettivi che si sviluppa e si manifesta dinamicamente in interazione con l’ambiente sociale e interpersonale in cui è inserito (Cervone, 2004; Mischel, 1999; Bandura, 1999). In questo approccio, lo studio delle strutture cognitive che sottendono i giudizi, le esperienze emotive e il comportamento di un individuo acquisisce particolare importanza. E’ ormai accertato, per esempio, che esistono chiare differenze nel tipo di esperienze e caratteristiche su cui le persone costruiscono le conoscenze e convinzioni su sé stessi (Markus, 1977), nelle categorie mentali che le persone tendono ripetutamente a privilegiare nella lettura e comprensione degli eventi sociali cui sono coinvolti (Higgins, 1990; Higgins, King & Mavin, 1982) e nel repertorio di esperienze e conoscenze cui si affidano per comprendere e confrontarsi con i problemi della vita (Cantor & Kilhstrom, 1987). Questo approccio e bagaglio di conoscenze scientifiche ha proficuamente assistito lo studio di una varietà di fenomeni, tra cui la motivazione (Dweck & Leggett, 1988), i rapporti interpersonali (Baldwin, 1999) e i problemi comportamentali e di adattamento sociale (Dodge, 2006). Complessivamente, questa tradizione di studi sostiene un modello di funzionamento psicologico in cui la persona, nel suo continuo e dinamico rapporto con particolari esperienze e contesti sociali, sviluppa conoscenze e convinzioni che, nel tempo, guidano e sono a loro volta modificate da elaborazioni, giudizi e comportamenti che il flusso di situazioni sociali e interpersonali incontrate in parte sollecita ed evoca. La nostra ricerca sulle rappresentazioni della legalità nei giovani di scuola secondaria è in linea con queste considerazioni generali.
Più specificatamente, la ricerca è stata concepita nel rispetto di alcune indicazioni e raccomandazioni scaturite da una lunga e consolidata tradizione scientifica sulla comprensione delle problematiche comportamentali in contesti sociali e interpersonali. Questa tradizione scientifica ha sostanzialmente identificato tre distinte aree di analisi intimamente legate tra di loro. La prima riguarda la continuità nel tempo tra comportamenti problematici in età infantile e forme di antisocialità (e anche comportamenti francamente delinquenziali) che possono caratterizzare giovani adolescenti o adulti (Moffitt, 1993; Loeber & Hay, 1997; Nagin & Tremblay, 1999; Schaeffer et al., 2003). In questo senso, ci è sembrato lecito esaminare le rappresentazioni della legalità nei ragazzi e nelle ragazze di scuola secondaria con un esplicito riferimento alla loro disponibilità di denunciare alle Forze dell’Ordine una serie di reati o atti criminosi cui potevano ipoteticamente assistere e concentrare la nostra attenzione sui possibili legami, nei ragazzi e nelle ragazze che hanno partecipato alla ricerca, tra questo comportamento di denuncia e una serie di comportamenti problematici e antisociali o, al contrario, socialmente utili (ovvero comportamenti prosociali).
La seconda area di studio riguarda l’analisi di caratteristiche disposizionali e dei meccanismi psicologici che, rispettivamente, si associano e regolano condotte e comportamenti connotati moralmente. Con riferimento a quest’area di studio, il nostro interesse si è rivolto, in prima istanza, alla consapevolezza e adesione dei ragazzi e ragazze di scuola secondaria ad alcune norme di senso civico e alla loro possibile relazione con la dichiarata disponibilità di denunciare ipotetici reati o atti criminosi. Partendo poi dal presupposto che l’omissione di denuncia di reati o atti criminosi cui si è assistito può intaccare o violare norme e standard morali di un individuo, il nostro interesse si è, inoltre, rivolto alle possibili strategie e considerazioni utilizzate da un individuo per evitare o minimizzare gli effetti sulla propria persona di condotte riprovevoli. La letteratura al riguardo (ad esempio Bandura et al., 1996) adotta una concezione auto-regolativa dell’individuo in cui la scelta e la messa in atto di specifici comportamenti connotati moralmente (come può essere la denuncia alle Forze dell’Ordine) dipende dalle sue capacità di trovare un equilibrio nelle complesse dinamiche interne che legano i propri abituali standard morali alle pressioni dell’ambiente in cui l’individuo è inserito e alla propensione o meno di trascurare o “disimpegnarsi” dai propri standard morali attraverso una serie di manovre e considerazioni che finiscono per giustificare la propria condotta. La letteratura scientifica esistente (Bandura, 1986, 1996b, 1999, 2002; Caprara, 1997) ha confermato l’azione che questi meccanismi di “disimpegno morale” sortiscono sulla valutazione e messa in atto di comportamenti che, altrimenti, sarebbero considerati riprovevoli o evitati come, ad esempio, comportamenti antisociali e trasgressioni dell’agire quotidiano (Caprara et al., 2006). Seguendo questa logica, l’omissione di una denuncia di reati o atti criminosi cui si è ipoteticamente assistito potrebbe essere associata anche alla propensione dell’individuo a trovare delle ragioni per giustificare comportamenti moralmente compromettenti, a valutare questi comportamenti meno gravi di altri comportamenti ritenuti più riprovevoli, a considerare questi comportamenti come l’esito delle volontà o richiesta di altre persone, a minimizzare o trascurare le conseguenze negative e sociali di questi comportamenti o assegnare la responsabilità alla persona o alle persone che hanno subìto o cui questi comportamenti si rivolgono. La nostra ricerca sulle rappresentazioni della legalità ha valutato in che misura il comportamento di denuncia dichiarato dai ragazzi e dalle ragazze fosse legato alla loro propensione di adottare meccanismi di disimpegno morale nel contesto di condotte riprovevoli.
Infine, la terza area di studio si concentra su processi di giudizio sociale e di decisione che regolano, almeno in parte, il comportamento interpersonale messo in atto in situazioni e contesti specifici. Numerosi studi indicano che, soprattutto in età scolare, la problematicità comportamentale è spesso legata a difficoltà ricorrenti nelle modalità con cui un individuo elabora le situazioni sociali difficili o conflittuali con cui si deve tipicamente confrontare. Ad esempio, le difficoltà nel capire le intenzioni di un altro o pensare velocemente a forme costruttive per risolvere un conflitto tendono a tradursi in decisioni sbagliate su come concretamente rispondere a queste situazioni sociali (Huesmann, 1998; Dodge 1986, 1993). Una questione d’elevata rilevanza in questa tradizione di ricerca consiste nella distinzione tra le elaborazioni e i giudizi espressi in specifiche situazioni e l’insieme di convinzioni e categorie mentali (Gifford-Smith & Rabiner, 2004) che derivano dal ricordo di esperienze passate e che “determinano il modo in cui le persone rappresenteranno, categorizzeranno e interpreteranno gli eventi sociali nel futuro” (Dodge, 1991). Queste strutture cognitive si acquisiscono con l’esperienza e costituiscono il database che l’individuo utilizza per comprendere e valutare le esperienze sociali e interpersonali che incontra (Dodge et al., 1990). Esistono legami reciproci tra questo “database” di esperienze e le modalità con cui l’individuo affronta, elabora e agisce nelle varie situazioni sociali che incontra e, nel tempo, questi legami possono consolidare o cristallizzare modalità di comportamento problematici o di disadattamento sociale (Dodge, 1993; Dodge et al., 1990, 2002; Schwartz et al., 1998; Zelli et al., 1999).
In linea con quest’ultima tradizione di studio, la nostra ricerca ha voluto integrare l’analisi delle rappresentazioni della legalità e del rapporto con le Forze dell’Ordine (ossia, il comportamento di denuncia) con un esame delle valutazioni che i ragazzi e le ragazze di scuola secondaria potevano fornire su una serie di situazioni ipotetiche di reato o di atti criminosi per le quali gli veniva chiesto di immaginare di essere un “testimone”. Questo approccio, a nostro parere, forniva gli elementi per tre sostanziali linee di indagine, intimamente legati tra di loro.
La prima riguarda la possibilità di esaminare le rappresentazioni della legalità e il rapporto con le Forze dell’Ordine con un riferimento ad una serie di situazioni con cui i giovani potevano, direttamente o indirettamente, avere avuto esperienza nella loro vita quotidiana. Su questo versante, la nostra attenzione si è rivolta alle tematiche rintracciabili nell’esperienza di Radio Karika e, contemporaneamente, ad un’articolazione di situazioni ipotetiche che tenesse conto di reati di diversa gravità o severità e della distinzione, possibilmente utile, tra la conoscenza dell’artefice piuttosto che della vittima di questi reati da parte del testimone.
La seconda linea di indagine riguarda la possibilità di articolare lo studio delle rappresentazioni della legalità e del comportamento di denuncia con un riferimento esplicito a una serie di valutazioni, pareri e reazioni dei ragazzi e delle ragazze che difficilmente avrebbero potuto essere articolate in assenza di specifiche situazioni di reato o di atti criminosi (anche se solo ipotetici). In questo senso, la nostra attenzione si è rivolta a dimensioni quali il grado di realismo, accettabilità e probabilità delle diverse situazioni, così come al significato personale e sociale per l’autore e per la vittima degli atti criminosi e al valore personale e sociale che la denuncia e l’omissione della denuncia alle Forze dell’Ordine potevano avere per il testimone di questi atti o reati. L’attenzione a queste dimensioni permette, a nostro parere, di ricondurre l’analisi delle rappresentazioni della legalità e del comportamento di denuncia ad una serie di meccanismi psicologici qualitativamente distinti dalle caratteristiche disposizionali e comportamentali discusse precedentemente.
Infine, la terza linea di indagine riguarda la possibilità di costruire un’analisi del comportamento di denuncia alle Forze dell’Ordine che potesse integrare il valore predittivo di esperienze comportamentali pregresse e di caratteristiche disposizionali, quali il senso civico o la propensione al disimpegno morale, con il valore riconducibile a considerazioni e giudizi espressi ad hoc di fronte a situazioni ipotetiche e legalmente significative. Quest’ultima linea di studio poteva, inoltre, permettere di valutare se e in che modi i vari giudizi ancorati a specifiche situazioni di reato fossero influenzati da esperienze pregresse e caratteristiche individuali e, a loro volta, potessero esercitare un effetto sul comportamento di denuncia dichiarato dai ragazzi e dalle ragazze di scuola secondaria nel momento in cui erano testimoni ipotetici di situazioni di reato.
Il Progetto di Ricerca
Partendo da queste premesse è stato proposto un progetto mirato ad esaminare, entro diverse fasce di età, le rappresentazioni della legalità e del rapporto con le Forze dell’Ordine prendendo spunto e rispettando le specificità del contesto interpersonale, sociale e culturale tipico delle regioni esaminate. Il progetto, nelle sue linee generali, si è proposto di raggiungere questi obiettivi attraverso una analisi delle rappresentazioni della legalità in alcune fasce dell’età scolare (Istituti di Istruzione Secondaria di Primo e di Secondo Grado). Senza trascurare l’importanza di tutti i differenti contesti che definiscono la comunità, è evidente la specifica rilevanza del contesto scolastico, visto che le competenze necessarie per una corretta analisi della legalità si acquisiscono e si sviluppano in una fascia di età in cui la scuola mantiene una centralità educativa complessiva. Questo è stato svolto attraverso una indagine su un campione normativo sul quale sono state valutate sia le rappresentazioni e norme sulla legalità e sul rapporto con le Forze dell’Ordine sia le disposizioni (senso civico e disimpegno morale) e le caratteristiche individuali relative alle esperienze comportamentali dei ragazzi e delle ragazze su temi più generali quali antisocialità, problematicità comportamentali e prosocialità.
Lo strumento di questa indagine è stato un questionario che conteneva una serie di scenari ipotetici in grado di sollecitare diverse interpretazioni e comportamenti riguardo alla legalità.
Gli scenari, e le domande legate all’interpretazione delle situazioni, sono stati generati alla luce dei seguenti criteri:
- Gli scenari erano tutti relativi alle rappresentazioni di situazioni sociali relative alla legalità e al rapporto con le Forze dell’Ordine;
- Gli scenari dovevano variare in funzione delle diverse fasce di età, facendo riferimento a situazioni in cui si potessero trovare individui in età tipica delle scuole medie inferiori e superiori
- Gli scenari dovevano prevedere una condizione in cui il Rispondente era nella figura di un osservatore a cui capitava di assistere una scena
- Gli scenari dovevano prevedere che il rispondente, in un ugual numero di situazioni, conoscesse: a) la vittima; b) il criminale; c) nessuno dei due
- Gli scenari dovevano prevedere un numero uguale di situazioni esplicitamente violente o implicitamente violente
- Il numero di situazioni violente e non violente doveva essere bilanciato rispetto alle situazioni di conoscenza della vittima, del criminale, e di nessuno dei due.
- Gli scenari nei loro contenuti dovevano essere riferiti a situazioni descritte nei fumetti di Radio Karika
- Le risposte dovevano essere mirate alla valutazione di differenti dimensioni di giudizio per ogni scenario. In particolare, le risposte dovevano valutare:
- il grado di realismo degli scenari e la loro attinenza, o vicinanza, con le esperienze che i ragazzi possono avere nella loro quotidianità
- il grado in cui i ragazzi prevedevano conseguenze positive per il criminale su un versante sia personale che interpersonale delle azioni illegali o criminose descritte negli scenari
- il grado in cui i ragazzi prevedevano conseguenze negative per la vittima su un versante sia personale (ad es., difficoltà ad andare avanti) o emotivo, che interpersonale (ad es., ostilità da parte di altri) delle azioni illegali o criminose subite e descritte negli scenari
- il grado in cui i ragazzi prevedevano che la vittima si sarebbe affidata alle Forze dell’Ordine per rispondere al torto subito
- le conseguenze, sia personali che interpersonali (tra amici e familiari) che i ragazzi prevedevano nel caso “avessero denunciato” alle Forze dell’Ordine i fatti descritti negli scenari.
- le conseguenze, sia personali che interpersonali (tra amici e familiari) che i ragazzi prevedevano nel caso “non avessero denunciato” alle Forze dell’Ordine i fatti descritti negli scenari.
- Le scelte che i ragazzi avrebbero fatto se si fossero trovati “davvero” nelle situazioni descritte dagli scenari. In questo senso, le risposte dovevano valutare in che misura le scelte dei ragazzi tendenzialmente si rivolgevano alle Forze dell’Ordine o piuttosto a parlare con amici o familiari o, ancora, a non fare nulla.
Come indicato precedentemente, oltre agli scenari si è deciso di includere nel questionario alcuni ulteriori strumenti di misura concepiti per valutare i meccanismi legati al disimpegno morale (Bandura et al., 2001), i cui punteggi si sono dimostrati associati con comportamenti antisociali e trasgressioni dell’agire quotidiano così come con comportamenti prosociali (Caprara et al., 2006), anch’essi misurati nel questionario. Nel questionario è stata inserita, infine, una misura di senso civico e di rendimento scolastico con l’obiettivo di valutare le relazioni tra le condotte sul piano antisociale e prosociale e le caratteristiche individuali di tipo disposizionale, come il senso civico e il disimpegno morale.
Principali risultati
In questa ricerca, a un campione di 4151 studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado delle Regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia (50,5% maschi; 50,3% scuole secondarie di primo grado) è stato somministrato un questionario che si proponeva di valutare: il Livello di Senso Civico; il Disimpegno Morale; la frequenza dei comportamenti Antisociali o Prosociali; il rendimento scolastico. Inoltre nei questionari venivano descritte sei differenti situazioni legate a episodi di violazione della legalità ma distinte per alcune caratteristiche, come la tipologia di reato o il livello di prossimità con l’autore o la vittima del reato stesso. Le situazioni descritte avevano tutte la caratteristica di non fornire indicazioni precise sulle conseguenze dei comportamenti descritti, e di richiedere al rispondente di immaginare di essere un “testimone” della scena. Ad esso veniva richiesto: a) di valutare la situazione in termini di “accettabilità”; “legalità”; “probabilità” di trovarvisi coinvolto; b) di analizzare le conseguenze per la vittima; c) di analizzare le conseguenze per l’autore dell’atto; d) di analizzare le conseguenze per il “testimone” nel caso “denunciasse” l’azione”; e) di analizzare le conseguenze per il “testimone” nel caso “non denunciasse” l’azione; f) di valutare cosa effettivamente avrebbe fatto se si fosse trovato nella situazione descritta. In questa sintesi verranno proposte dapprima alcune considerazioni generali sulle risposte fornite nelle scale di valutazione che i partecipanti hanno fornito circa i propri comportamenti di stampo prosociale o antisociale e dei punteggi nelle misure circa le disposizioni verso il senso civico e il Disimpegno Morale.